…Con un poco di zucchero

Pubblicato: 01/05/2021
…Con un poco di zucchero

Si dice che nella vita ci vuole sempre un pizzico di sale, ma mai nessuno pensa allo zucchero?

Da pasticcera lo zucchero è alla base di ogni mio pensiero, ma nella pasticceria non si parla di zucchero ma di “zuccheri” al plurale, questo perché ne esistono diverse tipologie ed esistono diversi metodi per dolcificare un impasto.

Facciamo un po’ di chiarezza per chi segue una dieta vegan. Per un lungo periodo si è parlato dell’utilizzo di ossa animali nella lavorazione dello zucchero e quindi sulla scelta da parte dei vegani di non utilizzarlo. 

Realmente nel secolo scorso questo avveniva, ma spieghiamo meglio: su utilizzavano il carbone derivato dalla cottura ad alta temperatura delle ossa animali per lo sbiancamento e raffinazione dello zucchero “bianco” derivato dalla lavorazione della canna da zucchero (specialmente nei paesi tropicali e nel continente americano).

Questo non avveniva assolutamente per tutta la produzione dello zucchero da barbabietola. Attualmente moltissime aziende che producono da canna comunque hanno preferito l’utilizzo di carboni vegetali e sono pochissime le aziende che sbiancano con ossalato di calcio animale.

Esiste, per togliere ogni dubbio, comunque una ricerca effettuata dal Vegetarian Resource Group con un elenco delle aziende certificate 100% veg aggiornato. Comunque per tranquillizzare, la stragrande maggioranza dello zucchero utilizzato e commercializzato in Italia proviene da lavorazione della barbabietola. 

Tornando all’utilizzo degli zuccheri in pasticceria, il dolcificante di base è il saccarosio, amato e demonizzato.  Tra i dolcificanti naturali in sostituzione (parziale o totale) possiamo utilizzare il malto (di riso, di mais, o di orzo), l’amasake (dalla fermentazione del riso), le melasse da piante (sciroppo d’acero, d’agave); l’utilizzo del miele nella pasticceria vegan è invece controverso anche se in commercio esistono produzioni certificate cruelty-free.

Attualmente la tendenza però è soprattutto quella di utilizzare all’interno degli impasti degli elementi in sostituzione ma che diano all’impasto stesso delle caratteristiche migliorative (come la polpa di alcuni frutti quali la mela, la banana, la centrifuga di uva o lo zucchero di cocco): il nostro corpo infatti reagisce diversamente all’ingestione del fruttosio, piuttosto che del glucosio, apportando caratteristiche e indice glicemico differente.

Interessante è lo studio che l’industria alimentare sta realizzando per scoprire nuove alternative dolcificanti ma a ridotto apporto calorico.

Prima tra tutti lo zucchero derivato dalla lavorazione della Stevia Rebaudiana commercializzata sia in polvere che in forma liquida (fortemente pubblicizzata perché a calorie 0) ma dal fortissimo sapore di liquirizia; lo Xilitolo (estratto dalla fermentazione del mais o dal legno di betulla) quasi completamente insapore ma, se abusato, porta a controindicazioni gastrointestinali, stesso discorso vale per l’Eritritolo.  

La mia piccola esperienza da grande golosa mi ha insegnato che, se usato con parsimonia, lo zucchero, come il sale del detto popolare, dona momenti di felicità alla nostra vita per questo vi allego questa ricetta della tradizione della mia nonna di un piccolo “dolce” dal profumo di “coccole”.  

Quando ero malata infatti mia nonna aveva la tradizione di darmi la camomilla calda zuccherata con lo zucchero violettato per farmi guarire (non so se avesse veramente valenze curative ma il profumo di violette ed il calore della voce della nonna ancora li ricordo).

Ingredienti

250 gr. di zucchero

50 gr. di petali di viole o di rosa non trattate

Succo di un limone

50 gr. di acqua

Frullate petali con il succo di limone e l’acqua, posizionate sul fuoco il liquido con lo zucchero e scaldate fino alla formazione di un caramello chiaro e limpido. Versate il composto in vasetti. Utilizzate dopo circa un mese dalla “cottura”. 

Chef Agnese CIMINO



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