Và e non peccare più

Pubblicato: 02/04/2022

Gv. 8, 1-11

Và e non peccare più

E’ l’ultima domenica di quaresima fra pochi giorni entriamo nella Settimana Santa. Gesù ci porta dinanzi al Tempio, nell’area sacra antistante. Siamo con Lui, lo immaginiamo lì, chino nella polvere, insieme ad una donna dai capelli disfatti e dallo sguardo sofferto. E’ una donna che ha peccato, l’adultera che i farisei e gli scribi gli hanno portato dinanzi. L’ hanno portata con forza lì nel mezzo di quello spazio sacro.

L’intento è sempre lo stesso: vogliono provocare Gesù. A loro non interessa né del peccato di quella donna né della salute spirituale di quella donna, vogliono solo mettere in difficoltà il Signore. Sono i farisei, i benpensanti ipocriti, quelli che sono abituati solo a giudicare gli altri, a condannare e non guardarsi dentro. Sono proprio quelli che guardano la “pagliuzza” e non la trave che è dentro il loro occhio. Sempre pronti a imboccare la via del legalismo oppure lasciare che Gesù imbocchi la via del perdono. Loro stavano a guardare, ad assistere allo spettacolo e aspettavano una risposta.

La via del legalismo sosterrebbe che bisogna lapidarla, perché una donna sorpresa in flagrante adulterio va lapidata; la via del perdono di Dio - che, se si guarda più in profondità ci si accorge che è praticata dal Padre in ogni testo delle Sacre Scritture -, sosterrebbe che bisognerebbe perdonare sempre quella donna.

Se Gesù avesse imboccato la prima via, quella del legalismo, lo avrebbero accusato di essere spietato, di non aver cambiato nulla dell’ordine costituito; se avesse usato la seconda e le avesse accordato il perdono, immediatamente gli avrebbero contestato di infrangere la legge.

Ma c’è una terza via che è – per cosi dire -  la via del dito indice puntato su di sé, potremmo  dire ancora meglio: la via del cuore. Questa è la terza via: spostare l’attenzione sulle proprie coscienze: “chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra” è una frase che conosciamo, che abbiamo imparato a memoria, direi. C’è da dire con onestà che su questo punto dobbiamo ritenerci tutti fragili.  

Nessuno di noi può scagliare la prima pietra! Ciascuno di noi però è considerato da Dio importante, nella sua dignità. A riguardo don Tonino Bello affermava che ciascuno di noi è la “basilica maggiore” le basiliche minori probabilmente sono solo gli edifici, perché la basilica maggiore è la dignità inviolabile di ogni persona che va sempre salvaguardata. Infatti noi non corrispondiamo al nostro peccato, non siamo il nostro peccato. Siamo peccatori è vero, ma non siamo il nostro peccato, il peccato può essere riconosciuto, può essere perdonato e Gesù rapportandosi a quella donna, non considera il suo passato, non le chiede nulla a riguardo,  non le dice nulla, le dice solo:  “va e non peccare più”. A Lui interessa il futuro, già pensa a quello che potrebbe essere il suo futuro senza peccati e per questo le apre un orizzonte nuovo, è l’orizzonte della salvezza, della gioia che può essere accordato a tutti.

Gesù scrive su quella polvere…. Maria Valtorta, una famosa veggente, in merito sostiene una cosa interessante. Ella vede Gesù scrivere qualcosa che riguarda ognuno dei presenti: “tu sei adultero”, “tu sei usuraio”, “tu sei assassino”, “tu hai giudicato i  fratelli”, “tu hai rubato”, cioè  scrive quello che sono realmente, per cui  non  sarebbero assolutamente in grado di giudicare nessuno.

Solo Dio può giudicare, nella sua misericordia e la misericordia di Dio è che il perdono, lì dove c’è pentimento e volontà di non peccare più può essere sempre accordato. A tutti viene data un a nuova possibilità, anche a noi, purché riconosciamo, umilmente di essere peccatori.

don Alfonso GIORGIO



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