Una luce nella notte per cambiare il mondo

Pubblicato: 30/11/2022
Una luce nella notte per cambiare il mondo

Quando parliamo di luce necessariamente ci viene in mente il suo opposto: il buio, le tenebre che offuscano e mortificano la luce. In una associazione che si occupa di persone non vedenti e ipovedenti la simbologia della luce assume un valore ancora più alto, sebbene si parli di “luce dello spirito” e, a ben vedere,  questo “buio spirituale” non riguarda solo i ciechi  ma anche i vedenti.

In occasione del 90° anniversario del Mac mi è capitato di sfogliare antichi documenti dell’associazione e di trovare termini che ormai risultano obsoleti: “carissimi fratelli e sorelle in ombra”, “voi che siete al buio”, ecc.  In passato il riferimento all’ombra, alle tenebre, al buio sembrava prevalere sulla potenza sfolgorante della luce. Eppure la nostra fondatrice, Maria Motta, in ogni suo scritto, non fa che parlare di luce, di “scintille nuove” che danno speranza e nuova ragione di vita ai ciechi che ritrovano la Fede e si aggregano al movimento. Bisogna dire, comunque, che il tema delle tenebre, indubbiamente, è una realtà umana, naturale, che suscita negli esseri umani una paura atavica, da far risalire fino alle nostre origini. E’ normale che i bambini, specialmente i più piccoli, abbiano paura del buio poiché si tratta di una condizione che genera incertezza, senso di solitudine e di abbandono e quindi di gran timore. E’ normale che il buio venga esorcizzato, allontanato, respinto e, in un certo senso, “sfidato”. Molti di noi, vedenti, si ricordano di aver provato questa sensazione da bambini e come solo crescendo e diventando più consapevoli e coscienti della realtà circostante, più capaci di percepirla e controllarla, sia stato possibile vincere queste paure. Ma quante volte essa può riaffiorare in situazioni particolari, tanto più oggi che, anche di notte, siamo abituati a percorrere strade sempre illuminate? Ritrovarsi all’improvviso in un tratto di strada buia, attraversare un sottopassaggio poco illuminato, restare fermi in auto o in treno dentro una galleria al buio, di notte, affrontare  una traversata col mare mosso o una forte turbolenza d’aria in aereo, magari di sera, suscita ansia, preoccupazione, insicurezza e, in alcuni casi, delle vere e proprie crisi di panico.

Le tenebre, ovvero l’assenza di luce, ci privano della facoltà di uno dei nostri cinque sensi e talvolta ci possono completamente destabilizzare e terrorizzare. In qualche esperienza di “cena al buio” o in seminari in cui bisogna approfondire il tema della cecità, i vedenti, in alcuni casi, reagiscono molto male: un senso di ansia e di terrore  li avvolge, a tal punto, che devono sospendere immediatamente l’esperimento. I nostri fratelli e sorelle non vedenti ci danno una grande testimonianza di coraggio sfidando continuamente le tenebre: in ogni loro attività,  si può dire che  mettono luce lì dove c’è  buio, con la loro determinazione e  il loro coraggio.

Il buio di cui vogliamo parlare, in prospettiva del Santo Natale, non è solo un fenomeno fisicamente osservabile, le tenebre rimandano anche ad una dimensione spirituale di lontananza da Colui che è la vera luce. Mancanza di amore, incapacità di provare sensazioni buone e di manifestare sentimenti positivi. Si tratta di una sorta di alterazione degenerativa della nostra essenza fatta non solo di sensi che rimandano al corpo, alla fisicità, ma anche di quella capacità di vivere relazioni buone con gi altri, di quella dimensione psicologica che infonde serenità nell’animo e nel cuore di tutto ciò che riguarda la nostra sfera spirituale. A questo livello non è più una questione di ciechi  o di vedenti. Si tratta di uno stato d’animo che può prendere tutti, indistintamente. Vivere in una situazione di buio: lasciarsi andare dalle paure, dai timori e non fare mai un passo per lasciarsi avvolgere da una luce nuova che da nuovo senso alla vita è un rischio di tutti. Si innesca un meccanismo per cui diventa più facile rimanere “in ombra”, per paura di sbagliare o venire fuori dal proprio guscio che venire allo scoperto e lanciarsi nel mondo, nelle relazioni con gli altri e con  Dio. Del resto anche chi opera il male agisce in modo occulto, nascosto, non alla luce del sole. Le tenebre sono anche il contesto in cui si muove chi agisce con l’astuzia per ordire i propri disegni, come Erode che, falsamente, dichiara ai Magi di voler incontrare e seguire anche lui quella luce, per onorare il nuovo Re.

Il Natale è la più antica notte di luce, potremmo dire, con linguaggio attuale: la prima notte bianca della storia. Infatti, in quella notte santa, una luce “avvolse” i pastori  quando andavano alla grotta di Betlemme per vedere il Bambino (cfr il vangelo di Luca). “Il popolo immerso nelle tenebre ha visto una grande luce; una luce si è levata sugli abitanti di una terra oscura” il profeta Isaia aveva  già, da tempo, descritto così la venuta del Messia: una notte di luce e di gloria.

Noi credenti, uniti nel nome di Gesù, possiamo  essere tutti luce, gli uni per gli altri. Questo, del resto era il più profondo desiderio della nostra amata Maria Motta: “spargere luce” nel mondo. La luce del Natale, oltre ad essere verità che illumina, è anche energia che riscalda, trasforma e mobilita: una energia potentissima che ci aiuta a non sprofondare nelle fosse buie delle nostre tante disperazioni, tristezze e depressioni, perché non solo ci da la notizia più bella, più consolante e rivitalizzante - che siamo figli amati: immensamente e singolarmente - ma ci comunica la grazia immensa ed inimmaginabile di questo stesso amore. A Natale il Figlio di Dio, oltre a nascere in mezzo a noi, rinasce in noi, se noi decidiamo di uscire dai nostri gusci ovattati e a volte soffocanti che il nostro peccato ci ha prodotto e ci apriamo ad accogliere il più bel grande regalo che ci possa mai capitare: una vita cristiana offertaci direttamente dalle mani stesse del Bambino di Betlemme, che dà a quanti lo accolgono, a quelli che credono nel suo nome: “il potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). 

 don Alfonso GIORGIO



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