Una Chiesa povera per i poveri. Un MAC “povero” per i poveri?

Pubblicato: 03/06/2022
Una Chiesa povera per i poveri. Un MAC “povero” per i poveri?

Quando nella Chiesa si parla di denaro o di ricchezza, in generale, non mancano fraintendimenti, accuse, luoghi comuni, ecc.. Bisogna ammetterlo, è difficile parlare di denaro, fra noi cristiani: troppe incomprensioni, troppi abusi, troppi sospetti e mancanza di prudenza. Il rischio, come sempre, è quello di scivolare nel moralismo o nel facile populismo. Infatti, a parole, siamo tutti inequivocabilmente distaccati! Ma i fatti molto spesso ci smentiscono.

La ricchezza non è una questione di quantità o di volume del portafoglio ma di atteggiamento del cuore. Gesù ha amato particolarmente i poveri e i bisognosi però, bisogna pure dire che non è mai stato un classista; fra i suoi discepoli, infatti, troviamo insieme poveri e ricchi, come lo stesso Giuseppe di Arimatea. Lo sa bene il “giovane ricco” del Vangelo: il denaro è un pessimo padrone, ci inganna, perché promette ciò che non è in grado di mantenere. Dovremmo chiedere al Signore di essere liberi davanti al denaro, di condividerlo, se abbonda, di non disperarci se improvvisamente dovessimo piombare nella miseria, di poterlo guadagnare con onestà, come frutto del sudore della nostra fronte. La Chiesa dovrebbe essere sempre attenta nel gestire il denaro, affinché sia usato innanzitutto per i poveri, e solo dopo per l’evangelizzazione e l’organizzazione ecclesiale, in ogni caso, sempre con uno stile di povertà evangelica.

Povertà evangelica

Quando si parla di “povertà” evangelica, non c’è niente di ideologico, né tantomeno di “comunista”. Recentemente il Papa ha affermato che “la povertà è proprio al centro del Vangelo” e che se il Vangelo venisse privato di tale concetto “non si capirebbe niente del messaggio di Gesù[1].  È infatti lo stesso San Paolo a ricordare ai Corinzi, che la “”vera ricchezza” risiede “nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità[2]. La “teologia della povertà” ha il suo fondamento in Gesù che “da ricco che era – dalla ricchezza di Dio – si è fatto povero”, abbassandosi per noi.

Nella stessa direzione si pone la prima delle Beatitudini – “beati i poveri in spirito” – che significa fondamentalmente “lasciarsi arricchire dalla povertà di Cristo e non volere essere ricco con altre ricchezze che non siano quelle di Cristo”. Essendo la povertà “al centro del Vangelo”, essa non può essere “un’ideologia”: vi troviamo piuttosto “il mistero di Cristo che si è abbassato, si è umiliato, si è impoverito per arricchirci[3] .

La ricchezza che si ha nel cuore deve arrivare “alle tasche”, altrimenti “non è una fede genuina” (Papa Francesco). E’ facile chiedere che siano gli altri a contribuire per le necessità dei poveri, è facile animare progetti di aiuto ai poveri, più poveri del mondo, ben più difficile è rimetterci del proprio, rimetterci di persona, mettendo mano alle proprie tasche o spendendo del tempo o delle risorse proprie, come, del resto, il vangelo ci esorta a fare. “Dà a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro[4]. È una questione di stile di vita e la spiritualità cristiana propone un modo alternativo di intendere la qualità della vita. Del resto, come afferma il Papa nell’enciclica, appena pubblicata: “la sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza è liberante” (Papa Francesco, Lettera enciclica sulla cura della casa comune, Laudato si’, Città del Vaticano, 24 maggio 2015, n.94)

Amministratori dei beni del Signore

Nell’amministrare i beni a nostra disposizione, sia a livello individuale che comunitario (nella Chiesa, nel MAC, o in ogni altra realtà ecclesiale) bisognerebbe tenere presenti questi principi appena sopra accennati ed essere veramente - non solo teoreticamente - solidali con i più poveri. Questa è la vera ricchezza: essere “poveri nello spirito” ma la ricchezza che si ha nel cuore deve arrivare “alle tasche”, altrimenti non è autentica, ci ricorda il Papa. A questo livello, dare un aiuto ai poveri non equivale a compiere “opere di beneficienza”, che pure sono “cose buone e umane”. La povertà cristiana va oltre, non implica dare al povero il “superfluo”, bensì il “necessario”, sapendo che “lui mi arricchisce”, perché “Gesù ha detto che Lui stesso è nel povero” (Cfr Papa Francesco, Omelia S. Marta del 16 giugno 2015).

I beni di cui disponiamo, nella Chiesa, in genere, non sono nostri e spesso la loro gestione rappresenta una palestra in cui esercitarsi, un tirocinio che abilita al corretto possesso della vera ricchezza delle “cose che valgano veramente”, cioè delle sole che veramente contano e che nessuno potrà più sottrarci perché si identificano con i beni inalienabili della vita eterna. Servirsene con leggerezza o, addirittura, per finalità personali (favori ai propri famigliari, privilegi, etc.) o famigliari, senza tener conto della volontà di Colui che ne ha conferito l’amministrazione in prospettiva di una loro equa e giusta distribuzione a vantaggio di tutti, mette a rischio il grande “capitale” di cui si diventa coeredi nella misura in cui si assume l’atteggiamento del Figlio, perché “se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria[5].

S. Cipriano sottolineava, a tal punto l’essenzialità del fine caritativo del patrimonio ecclesiale a tal punto da arrivare a definire le offerte fatte alla Chiesa: «deposita pauperum», e disponeva che esse venissero amministrate con fedeltà e senza indebita appropriazione[6].

S. Agostino a riguardo precisava: “Un’amministrazione dei beni temporali giusta, conforme al dovere [...], procura il merito per ottenere i beni eterni, purché non possieda mentre la si possiede [...]. Perciò, lasciate andare le cure delle cose passeggere, cerchiamo i beni duraturi e sicuri, innalziamoci al di sopra delle nostre ricchezze terrene”. ( S. Agostino Serm 355, 5).

don Alfonso GIORGIO

[1] Cfr Omelia S. Marta del 16 giugno 2015

[2] Cfr. 2Corinzi. 8,1-9

[3] Cfr Omelia a S. Marta del 16 giugno 2015

[4] Lc. 6, 29

[5] Rom. 8, 17

[6] CIPRIANO, De Ecclesiae catholica unitate, 26, in P.L. IV, 363-364; Ep. 65,3 in P.L. IV, 232; Epp. 5,7,14 in P.L. IV,  236,246,268).



Ultimi Video


Vedi tutti i video »

Clicca sul Banner in basso e guarda il video

Inquadra il codice qr e sostienici!

Oltre le barriere - 2k24 -

è un progetto de

L'Albero Verde della Vita

_____________________________

 

_______________________

DOMUS SAPIENTIAE - Collana Testi

(Liber I)

(Liber II)

(Liber III)

______________________