Testimoni del Risorto per “ridare il cuore” e diffondere vita

Pubblicato: 04/10/2022
Testimoni del Risorto  per “ridare il cuore” e diffondere vita

Secondo la Jewish Encyclopedia: Il Tetragramma sacro: “YHWH” – parola composta da 4 lettere e senza vocali -  non è altro che un acronimo delle tre coniugazioni della voce del verbo essere: era, è e sarà. Si tratta del nome di Dio, impronunciabile e si vuole alludere proprio all’unione che si attua in Lui tra passato-presente e futuro[1] (http://www.jewishencyclopedia.com/).

                                                  

                                                                era e sarà 

Noi cristiani, infatti, crediamo in Cristo Risorto dai morti e facciamo memoria di un passato che non è mai chiuso nel tempo. Siamo consapevoli che il Risorto è vivo ed è presente in mezzo a noi, a passo con noi, per incoraggiarci, sostenerci e renderci felici nel momento presente e nel futuro. Il nostro Dio è Dio dei vivi, non dei morti (cfr Lc.20, 38.). Quando facciamo memoria del passato non pensiamo ad un evento che si è concluso una volta per sempre, ma ad una vita che si genera e si rigenera sempre.  

Tutto ciò che esiste si trasforma. Diceva Eraclito che “tutto scorre”[2] (Cfr. Hermann Diels, Poetarum Philosophorum Fragmenta). Niente rimane così com’è, se non per alcuni momenti, per degli istanti che a volte possono durare un’eternità. La vita è continuo mutamento, trasformazione, divenire, evolvere. Il nostro corpo cambia momento per momento, rinnovando continuamente le sue cellule e gli organi che da esse sono costituiti.  I cambiamenti interessano anche gli aspetti psicologici non solo quelli fisiologici, però c’è un aspetto che non deve sfuggire mai: la mente. Nella nostra mente permangono i ricordi, le esperienze più importanti vissute nel passato, le gioie, le sofferenze provate nella vita. Talvolta non si riesce proprio a dimenticare le offese ricevute le sofferenze subite, come pure i bei ricordi e le belle e piacevoli esperienze vissute che, spesso, rischiano di essere troppo idealizzate, tanto da costituire un blocco per ogni tentativo di cambiamento. Si tratta della memoria. Il rischio è proprio quello di chiudersi nel passato o di rimanere ancorati ad un certo passato, con la conseguenza devastante di non riuscire a cogliere i continui ed inesorabili cambiamenti che, a tuti i livelli, puntualmente si attuano. Per questo, a volte, può accadere che il riferimento alle radici, all’importanza delle nostre radici culturali, può nascondere qualcosa di più profondo: la paura di cambiare. Comprendiamo, quindi che le radici di una società, di una associazione, sono importanti ed è fondamentale farne riferimento, cosicché dimenticare le radici significherebbe, in un certo senso, morire ma, non di rado, accade che si inneschino inconsci meccanismi di difesa dal cambiamento.

Alla luce di tutto ciò, io penso che la vita del cristiano cambia continuamente ed ogni persona può cambiare: questa è la conversione evangelica. Ecco perché ogni anno celebriamo la Santa Pasqua e in ogni liturgia si rende presente il Mistero del Cristo morto e Risorto dai morti. Ma, come spesso accade quando si utilizzano simboli, il rischio è quello di fermarsi alla superficie o all’evento passato e di non cogliere il senso profondo di ciò che si sta rievocando. Non si tratta, infatti, di una pura e semplice rievocazione, ma di una celebrazione; non è semplice esercizio della mente per fare memoria di un evento consumatosi nel tempo, ma coinvolgimento in una vita che continua ancora oggi e, addirittura, interpella ciascuno di noi sollecitando continue risposte.

Nella liturgia noi ricordiamo, “ridiamo il cuore” e in effetti, nella preghiera, dovremmo metterci sempre il cuore. Così nella vita di ogni giorno, mentre ringraziamo Dio per quello che ci ha donato, per le nostre radici e per i testimoni che hanno accompagnato il cammino della nostra vita, della nostra associazione, delle nostre famiglie contemporaneamente, ci impegniamo a rinnovare, a cambiare, a ridare cuore ad ogni cosa. Che sia un cuore vivo e palpitante di amore per Dio e per i fratelli e le sorelle che ci mette accanto. Ricordiamo il passato con gratitudine per ridare il cuore al Signore, nella preghiera, nell’adorazione, nell’ascolto e nella vita quotidiana. Consapevoli che, attraverso la coscienza illuminata dallo Spirito, siamo resi capaci di accogliere Dio nella nostra vita e ricordare le meraviglie da Lui compiute.

Si tratta del cuore del vangelo che può essere accolto proprio dalla comunità. A riguardo il Papa afferma che nel cuore del vangelo è insito l’impegno con gli altri, per gli altri e l’invito ad una vita comunitaria e fraterna (cfr. Evangelli Gaudium n. 177). Nel cuore del Vangelo, infatti, c’è l’impegno per la giustizia e la carità. La validità e l’efficacia del messaggio cristiano, infatti, si possono verificare solo dalla capacità di diffondere vita e di alimentarla anche in quelle circostanze che da un punto di vista umano appaiono, soprattutto, negative e dolorose. Questa è la gioia del vangelo di cui il Santo Padre ci parla e il segreto di questa gioia continua, non consiste nel successo delle nostre imprese o nella riuscita di tanti nostri progetti, ma piuttosto, nell’accoglienza di quel dono di vita che in ogni situazione ci viene offerto. Effettivamente, sul piano della Fede, non esiste circostanza in cui ci venga impedito di crescere come persone e come figli di Dio. Non esistono situazioni, anche le più difficili, in cui ci sia impossibile diffondere dinamiche di carità e di giustizia o ci possa essere impedito di esprimere la nostra fede e la bontà di Dio per diffondere vita e gioia.

 don Alfonso GIORGIO

[1]Cfr.  http://www.jewishencyclopedia.com/#

[2] H. Diels, Poetarum Philosophorum Fragmenta (Berlino, 1901, ristampa Hildesheim: Weidmann 2000).



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