Pasqua festa della Luce e dei macigni rotolati

Pubblicato: 08/04/2023

Mt. 26,14-27, 66

Pasqua festa della Luce e dei macigni rotolati

E’ Pasqua, insieme abbiamo vissuto il percorso della Passione. L'abbiamo vissuto con Gesù, al Venerdì Santo in quell’abbandono gridato da Lui sulla croce: Eloi Eloi lemà sabactàni, Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Gesù l'ha voluto gridare quel sentimento che viveva. In quel momento si sentì umanamente abbandonato, ma ciononostante non ha rinunciato a chiamarlo “Padre”, quando “nelle Sue mani” ha consegnato il Suo Spirito. Quindi ha continuato a riconoscerLo come Padre. Cose del genere capitano anche a noi nella vita: ritrovarsi, soli e abbandonati in situazioni difficili di sofferenza e avere l’umiltà, il coraggio, anche quella grande fiducia in Dio tale da riconoscerLo ancora come Padre. Ed è proprio questa consapevolezza che ha permesso al Signore di vivere in pienezza la resurrezione. San Paolo lo conferma: “Dio lo ha esaltato perché Egli si é lasciato umiliare con la morte e con la morte di croce”.

Dobbiamo chiederci a riguardo: la morte di croce non sarebbe stata sufficiente ad attestarci che Gesù è veramente il Messia, l’atteso di Dio? La risposta è no, non sarebbe stata sufficiente! La storia è piena di persone che sono morte per una causa sbagliata o addirittura malvagia. Pensiamo a certi estremisti/terroristi che si immolano, trascinando con sé nella morte anche centinaia di persone innocenti. La loro morte, senz’altro è servita a dimostrare che credevano fermamente nella loro causa, non che la loro causa fosse giusta questo non poteva essere vero. La morte di Gesù, invece ci attesta il suo grande amore per noi, la sua carità perché come Egli stesso aveva dichiarato: “non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici”, ma a questo è seguita la Risurrezione quale prova della Sua divinità, della sua verità, e del fatto che la sua causa è autentica.

Don Tonino Bello riguardo al Venerdì Santo soleva affermare che, in fondo, si tratta semplicemente di un momento, un momento che va dalle 9 alle 3 del pomeriggio, cioè si tratta di una realtà provvisoria, poiché dopo quelle ore buie e dolorose si entra in una dimensione nuova, la dimensione dell’attesa, la dimensione della salvezza che ci è data da quel sepolcro, da cui tutto è iniziato.

Quello che noi oggi celebriamo, infatti è iniziato a partire da quel terzo giorno splendido. La pesante pietra, posta dinanzi al sepolcro, è stata rotolata: questa è la forza della Pasqua. Non è che questo! In fondo, se ci pensiamo bene è Gesù a determinare tutto questo, per cui tutte le pietre vengono arrotolate, tutte quelle pietre che ci opprimono, quelle pietre che ostacolano il nostro cammino, possono essere rimosse nella fede! Solo dobbiamo abbandonarci a Dio, riconoscere la volontà di Dio al sepolcro, perché come afferma ancora don Tonino in un suo scritto ognuno di noi ha il suo macigno.

«Una pietra enorme, messa all’imboccatura dell’anima, che non lascia filtrare l’ossigeno, che opprime in una morsa di gelo, che blocca ogni lama di luce, che impedisce la comunicazione con l’altro. È il macigno della solitudine, della miseria, della malattia, dell’odio, della disperazione, del peccato. Siamo tombe allineate. Ognuna col suo sigillo di morte. Pasqua, allora, sia per tutti il rotolare del macigno, la fine degli incubi, l’inizio della luce, la primavera di rapporti nuovi. E se ognuno di noi, uscito dal suo sepolcro, si adopererà per rimuovere il macigno del sepolcro accanto, si ripeterà finalmente il miracolo del terremoto che contrassegnò la prima Pasqua di Cristo. Pasqua è la festa dei macigni rotolati. È la festa del terremoto. Il Vangelo ci dice che i due accadimenti supremi della storia della salvezza, morte e resurrezione di Gesù, furono entrambi caratterizzati dal terremoto (Mt 27,51; 28, 2). Pasqua, dunque, non è la festa del ristagno…» (don Tonino Bello).

Il problema spirituale è che Gesù spesso, sembra non corrispondere alle aspettative umane. In questo senso fa riflettere il fatto che mentre dinanzi al crocifisso vi erano tre donne, davanti al sepolcro, al mattino di Pasqua, almeno una di loro non c’era più. Le donne erano: Maria di Magdala, Maria Madre di Giacomo e di Giuseppe e la madre dei figli di Zebedeo, quest’ultima nota per aver chiesto a Gesù, poco prima della Passione, dei posti privilegiati per i suoi figli Giovanni e Giacomo; desiderava un posto di rilievo per i suoi figli!

Ma Gesù, non solo non ottempera a quella richiesta addirittura si mostra debole e apparentemente sconfitto sulla croce. Forse per questo è proprio lei che sparisce dopo la crocifissione. Non viene più citata nei vangeli quando si fa riferimento al mattino di Pasqua, non è più presente nel giorno della Resurrezione, forse amareggiata, delusa, probabilmente non ha saputo abbandonarsi a Dio, non ha saputo riconoscere la paternità di Dio, nelle vicende che in cui si ritrovava immersa, le altre donne invece si, avevano capito e preferirono rimanere fedeli nell’ora della prova. Fino all’ultimo sono rimaste in attesa e sono state le prime a riconoscere, ad accogliere il Risorto da quel sepolcro vuoto.

L’atteggiamento di quelle donne diventa un insegnamento per noi che sempre dovremmo fidarci di Dio che vince sulla morte e rischiarare le tenebre della notte e del dolore.

don Alfonso GIORGIO



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