Nella fragilità incontriamo il Signore e ci rialziamo per nutrire la speranza

Pubblicato: 13/11/2021

(Mc 13,24-32)

Nella fragilità  incontriamo il Signore e ci rialziamo per nutrire la speranza

L'anno liturgico si avvia alla fine e in questa domenica ci viene presentata, quasi in maniera apocalittica, quella che dovrebbe essere la fine di tutto. Potremmo dire che Gesù ci consegna già il finale! Come quando si va a vedere un film, ti rovineresti la visione, non sarebbe una cosa bella sapere tutto in anticipo, persino il finale! Eppure Gesù, in questo caso ce lo anticipa,  in qualche modo, ci descrive come sarà la fine usando espressioni apocalittiche peraltro, attingendole alla tradizione: una cosmologiaa  pezzi”: la luna, le stelle distrutte, il sole che si eclissa e la distruzione di tutto, in maniera violenta e inesorabile. Del resto sappiamo che una fine ci sarà anche semplicemente da un punto di vista cosmico, chi non crede lo ammette pure: ci sarà una fine! Ma qui, Gesù non ci parla essenzialmente di una fine cosmica, apocalittica ma piuttosto sta descrivendo il crollo di un’idolatria, la fine di un paganesimo che vuole oscurare la luce e vuole informarci che vi sarà la fine di un mondo materialistico, legato solo agli interessi di quaggiù e l'inizio di un mondo pienamente spirituale: il regno di Cristo che giungerà al suo compimento. 

Il Signore che manda “gli angeli dai quattro venti” sono coloro che all’interno della nostra comunità non si stancano di annunciare il Vangelo dai 4 angoli della terra che perseverano e custodiscono il dono ricevuto servendo il  Regno.

Si tratta della seconda venuta di Gesù, l’ultima e definitiva: quando “verrà a giudicare”, lo diciamo anche con la professione di fede,  il “credo” recitato in Chiesa; fa parte della nostra fede, della nostra cultura e della nostra spiritualità cristiana.  Però tutto questo non deve spaventarci, non deve metterci paura. A riguardo don Tonino Bello affermava: "la paura è di tutti e viene dal latino “pavere”, battere il terreno, livellarlo” come la parola “terrore” che ha la stessa radice verbale della parola  terra. La paura, quindi è  conseguente alla prospettiva di essere calpestati, la paura di essere annullati." Così si esprimeva don Tonino in un’omelia del tempo di avvento.

In Cristo abbiamo la possibilità di rialzarci non  rimarremo per terra se sapremo cogliere, in maniera profetica, i segni dei tempi, cioè se  sapremo andare oltre i tempi che viviamo e se siamo sempre pronti a fare questo grande salto. Se il Signore ci trova pronti e attenti, se ci trova preparati e vigili tutto cambia. In ogni caso questa “fine del mondo”  ci dice che tutto è fragile e che anche noi siamo fragili. Non dobbiamo avere paura anzi con Gesù siamo ceeti di poterci rialzare da terra e  “alzarsi significa anche allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove Egli un giorno verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza”.

Paradossalmente proprio questo è il punto risolutivo: nella fragilità si compie il cammino, cioè quando noi ci rendiamo conto realmente delle nostre fragilità è proprio allora che il Signore si rende presente nella nostra vita: perché quando siamo disposti ad agganciarci a qualcuno, a cercare qualcuno che ci dia un aiuto nella nostra fragilità il cuore si apre a Dio e alla gioia del Suo Regno.

Noi cerchiamo sempre di relazionarci agli altri cerchiamo qualcuno alla pari e anche Qualcuno che  è più in alto di noi a cui abbandonarci, a cui attaccarci specialmente nei momenti difficili. Questo credo che sia il messaggio di questa domenica: considerare quanto sia importante rimanere pronti per dare significato alla nostra vita e darle un senso nuovo, una lettura nuova. La nostra fragilità in cambio di una vita futura piena di gioia e di beatitudine. 

don Alfonso GIORGIO



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