Le pietre di scarto nel cuore del Padre

Pubblicato: 01/10/2023

XXV T.O. A.

Le pietre di scarto nel cuore del Padre

Il Vangelo che la liturgia ci propone in questa domenica è di una semplicità unica, poiché ci viene ricordato un fatto fondamentale e cioè che la fede deve essere vissuta nella concretezza. Per essere credenti occorre essere credibili.

I due figli che vengono chiamati dal padre e invitati a lavorare nella vigna, in qualche modo, ci rappresentano, perché anche noi possiamo ritrovarci nella medesima situazione di quei figli.
In modo alterno, una volta diremmo "sì", un'altra diremmo "no". Diciamo si al Padre che ci invita ma dentro di noi c' è realmente un "no" contrariato, perché non abbiamo voglia di rispondere con prontezza a quella chiamata. Non abbiamo voglia di impegnarci.

Oppure potrebbe capitarci di dirgli di "no", cioè di essere reticenti alla Sua chiamata, poco volenterosi ma poi, ripensandoci potremmo ricrederci e metterci a lavorare trasfornando quel 'no' in un grande 'si'. Quest'ultimo, in fondo è il processo della conversione che avviene in ogni persona che si ricrede e si mette poi al servizio del Regno. Cioè capisce e comprende quanto sia bello, quanto sia gioioso, servire il Signore nella Chiesa e nel campo del mondo.

I pubblicani e le prostitute di cui ci parla Gesù ci precedono. Cone mai?
Vi è una indubbia capacità di accogliere il bene e riconoscere le proprie fragilità in coloro che hanno peccato tanto, forse perché vivono un vuoto dentro il loro cuore.
Chi si prostituisce e pecca gravemente verso il prossimo, in genere, sente un grande vuoto affettivo dentro di sé; infatti mentre ama, a modo suo, capisce che, in fondo, dall'altro non è amato ma solo strumentalizzato. Gesù, invece, dona amore e pace nel cuore e riempie il vuoto interiore che è dentro le anime.

Del resto, non è un segreto, il fatto che Gesù avesse vicino a sé, probabilmente donne che dopo una vita caratterizzata da scelte sbagliate si erano convertite e messe alla Sua sequela.
Quello che conta per il Signore non è essere perfetti, a tutti i costi perfetti. Non ci chiede di essere perfetti, ma soprattutto di essere credibili e di riconoscere umilmente le nostre fragilità. A questo siamo tutti chiamati, e talvolta sono proprio le persone: "ultime", in un certo senso, gli ultimi arrivati a sorprenderci per come lavorano, per la loro condotta di vita, e realmente ci passano avanti.

La chiave di interpretazione di questa parabola evangelica sta proprio in questa espressione: "i pubblicani e le prostitute vi precedono nel Regno dei cieli".
Il ricordo personale di don Tonino Bello, che dava alloggio nel suo episcopio a tante persone messe ai nargini dalla società, persone difficili e tanto provate dalla vita, tra le quali, forse anche qualche prostituta, tanti sfrattati e tanta gente lontana persino da Dio, un po' arrabbiata, forse anche con Dio stesso, - tante "pietre di scarto", così come le chiamava lui - ci conferma che la via giusta da percorrere per amare e servire Dio è proprio questa: far sentire la carezza di Dio.

Don Tonino accogliendoli nel suo episcopio, pur con grandi difficoltà, anche solo per giustificarsi dinanzi alla gente e alla stessa Chiesa, ha offerto a questi ultimi la possibilità di diventare primi.
Sono gesti concreti che evidenziano proprio questa verità: siamo tutti figli di Dio, siamo tutti chiamati e sorprendentemente, tra noi sono gli ultimi a superarci, mettersi avanti ed essere graditi a Dio.
L'auguro più grande che si possa fare ad un cristiano è che viva realmente questa semplicità di cuore nel cammino della fede e riconosca i propri limiti e le proprie fragilità per essere veramente gradito a Dio.

don Alfonso GIORGIO

   
   
 

 



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