Le palme: dono del cielo e segno di speranza e di pace

Pubblicato: 09/04/2022
Le palme: dono del cielo  e segno di speranza e di pace

È la domenica della Passione o “delle Palme”. La liturgia commemora l’ingresso solenne di Gesù a Gerusalemme. La scena è dominata dalla semplicità di un popolo festoso che accoglie e di un Re divino che cavalca un’asina.

Il Figlio di Dio venuto sulla terra ama l’umiltà! E’ così che vuole presentarsi, povero e mite con le palme tra le mani. Le profezie lo avevano predetto.

Senza volerlo quell’umile bestiola scelta come cavalcatura stava compiendo la profezia: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino” (Zaccaria 9,9).

Senza, con questo, voler offendere nessuno dovremmo identificarci un po’ tutti con quell’asino. Non stiamo parlando solo del personaggio più vicino fisicamente al Signore in quell’ingresso trionfale, ma addirittura di un modello da imitare. Con andatura decisa e solenne l’asino incedeva in mezzo a quella selva di rami di palma portando su di se’ il Verbo di Dio.

Pure noi, quindi, dovremmo portare sulle spalle la grandezza della Grazia di Dio. Se lo facessimo con fede ci accorgeremo che non ne resteremo schiacciati ma, al contrario, lo avvertiremo come un peso dolce e soave che più che scaraventarci per terra, come fa il peccato, in genere, ci alleggerirebbe e ci farebbe andare spediti e gioiosi incontro ai fratelli. Anche noi, quindi, potremmo incedere, decisi, verso Gerusalemme. E’ una profezia per ciascuno di noi!

Nella sua inconsapevole umiltà, l’asino ci spiega come possiamo porci davanti a Dio. E’ un modello di mitezza e di umiltà ma anche paradigma di resistenza e paziente laboriosità. Dopo oltre duemila anni quell’asinello può diventare per noi una guida, perché come lui potremmo ritrovarci nella condizione di essere qualche volta osannati, ma spesso dimenticati, rinnegati, offesi e maltrattati.

Le palme ci invitano ad essere in pace con tutti, in umiltà di cuore e di spirito e l’asino ci fa capire quanto importante sia riconoscere e accogliere l’amore di Dio nella propria vita; quanto importante sia diventare mansueti operatori di pace, costruttori di pace.

Il simbolo della palma che portiamo tra le mani in questo giorno ai nostri fratelli e sorelle, a quelli che sono di casa, agli amici e anche o agli sconosciuti, può diventare simbolo di quella pace di Dio che ci rimanda alla parola Shalom per la quale don Tonino Bello affermava che non andrà mai in disuso.

Secondo lui, nel nostro tempo, stiamo  assistendo  a quella che definiva: l“agonia dei nomi”. Finiranno, infatti, le parole come “progresso”, “sinistra”, “destra”, “impegno politico”, ecc., ma non ci sarà mai una fine per la parola Shalom perché è una parola che viene dal cielo. E’ come un’acqua che cade dal cielo e che noi dobbiamo intercettare perché possa bagnare e penetrare questa terra che siamo noi. E’ un dono dal cielo che, se consapevolmente accolto, è capace di trasformare l’odio in amore e la vendetta in perdono. Quando l’accoglieremo come dono di Dio che viene dall’alto, solo allora  riusciremo ad essere anche noi testimoni autentici di vera pace.

In questo tempo difficile assistiamo a tanto dolore e la guerra è sotto gli occhi di tutti. Siamo in una situazione drammatica per la quale molti sono morti e tanti continuano a soffrire. Non solo in Ucraina. Ci sono tante guerre e guerriglie dimenticate sparse nel mondo. Pianto e dolore intorno a noi tanto che, persino i rami di ulivo, quest’anno, grondano lacrime.

Sono le lacrime di tanti morti: bambini, donne, anziani senza colpa. Tante persone ingiustamente uccise. Queste lacrime non sono sprecate ma vengono raccolte dall’amore di Dio, dal Suo cuore e diventano un “investimento” per la pace, un segno profondo dell’amore misericordioso del Padre.

Pure noi dobbiamo accogliere queste lacrime, con grande cura, affinché possano lavarci, purificarci e possano suscitare in noi sentimenti di altruismo e di attenzione al prossimo più abbandonato.

Portiamo dunque la palma della pace a chi si sente solo, a chi soffre di più; che sia un segno di speranza e di gioia. Portiamolo questo Shalom. Portiamolo testimoniando la pace anche a costo di sacrifici personali, anche rimettendoci di persona, sarà il più bel gesto di amore.

don Alfonso GIORGIO



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