L’Amore vince la tristezza e la morte

Pubblicato: 05/11/2022

Lc. 20,27-38

L’Amore vince la tristezza e la morte

L’anno Liturgico sta per terminare e in queste ultime domeniche siamo chiamati a riflettere sulle realtà ultime, quindi, giocoforza, anche sul senso della vita oltre che sul  perché della morte e sul fatto che, poi, dobbiamo essere anche pronti a capire quello che accadrà alla fine, a noi credenti, dopo la morte

Gesù sta per essere arrestato e i gruppi di potere dell’epoca, sacerdoti, anziani del popolo, farisei, scribi, e sadducei trovano il modo per allearsi divenendo insieme nemici del Maestro. Lo rifiutano quel Rabbi che vien riconosciuto come Figlio di Dio dai poveri; dà loro fastidio il fatto che insegni senza autorità ma con amore e benevolenza. Lo contestano, lo affrontano in pubblico, lo sfidano preparandogli un  in un cerchio di morte che si stringe sempre di più.

L’episodio che ci viene riportato dal Vangelo di questa domenica viene ispirato al credo teologico del gruppo dei sadducei, questo gruppo sacerdotale, molto diverso dagli altri gruppi presenti al tempo di Gesù in Israele. Si trattava di un gruppo di  persone molto facoltose che trovava difficoltà ad accettare il mistero delle Resurrezione della carne dopo la morte ed è per questo che allo stesso modo degli altri gruppi religiosi partendo da questo dilemma teologico, colgono l’occasione per mettere in difficoltà Gesù

Del resto Gesù era a Gerusalemme, si ritrovava lì, quindi un po’ da tutte le parti tramavano già di coglierlo in fallo con domande a trabocchetto, veri e propri tranelli, per munirsi di un pretesto utile alla denigrazione e alla condanna del Suo operato. Pieni di inventiva confezionavano domande ad hoc, con particolari pressoché inverosimili, inventati a tavolino. 
Questa era la volta del tema sulla morte e vita oltre la vita terrena. Da scettici sul tema della vita eterna, i sadducei gli pongono questo interrogativo così sicuramente improbabile, dei sette mariti morti di una donna rimasta vedova di tutti e sette; sposati uno ad uno con lei, poi sarebbero morti tutti,  uno alla volta. 

In riferimento alla “presunta” vita eterna i sadducei gli chiedono ironicamente: di chi sarebbe la moglie quella donna se al di là di questa vita, c’è ne fosse veramente un’altra? 
Per Gesù quella domanda insidiosa diventa un’occasione per spostare l’attenzione su tutt’altra direzione e parla proprio di quello che si vive quando si giunge al cospetto di Dio. 
In Paradiso – per quelli che si salvano -  non si può ragionare più con gli stessi criteri di giudizio che abbiamo quaggiù. Noi, in realtà, siamo più propensi a pensare al possesso, anche in merito alla sensualità, la vediamo come un’occasione per mantenere una relazione di amore ma spesso chiusa  ed esclusivista, così determinate da compromettere, a volte, le relazioni con gli altri. 

Al di là di questa vita, invece - Gesù stesso lo spiega- , saremo come gli angeli, e per supportare  il mistero della vita eterna cita un testo delle Scritture che loro riconoscevano ed accettavano citando proprio la l’episodio del Roveto ardente nel deserto, quando Mosè interloquisce con Dio, che si presenta come il “Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”, cioè il Dio dei vivi, il Dio che sopravvive, il Dio che comunque è ancora Dio dei vivi, Dio di queste persone che vivono in maniera diversa. 

Questa è la vita oltre questa vita: una vita nella quale ci ritroveremo con Cristo trasformati a tal punto che non vi sarà più nessun legame esclusivo e non ci sarà più nessun desiderio di possesso. 

La vita eterna assume più la realtà del dono piuttosto che del possesso, una realtà nella quale potremmo fare l’esperienza proprio della gioia e della convivenza spirituale fraterna ed universale. 

Una gioia e una fraternità così allargata che ogni amore sarà ricondotto all’unico grande Amore di Dio che sarà vissuto, in ugual modo, in tutte le persone che si ritroveranno lì davanti a Dio, a contemplare il Suo volto. 

Mosè non poteva vedere Dio, ma al di là di questa vita, noi, - questo è l’auspicio - , potremmo vedere Dio con occhi nuovi insieme a Mosè e a tutti gli altri che ci hanno preceduto nella Storia della Salvezza. Noi crediamo in questo, e don Tonino Bello, a riguardo, diceva: bisogna sempre impegnarsi nella prospettiva dell’eternità, “impegnarsi a trasformare questa vita in un impegno costante di lavoro, di obbedienza. di Santità, di purificazione, un amore sincero, un amore pieno di Dio, dell’amore di Dio, perché per Gesù la morte non è che un sonno.  Un sonno così profondo che solo un amore sovrumano, lo rompe”. E l’amore sovrumano stesso di Dio che irrompe nella nostra vita e ci rende eterni, perché se Dio è eterno, allora anche noi possiamo partecipare di questa eternità. 

don Alfonso GIORGIO

 



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