Il Regno di Dio

Pubblicato: 24/05/2022

Evangelizzare nel servizio e nell’incontro come Maria, Madre delle “prontezza” 

(Lc 1,26-38)

Il Regno di Dio

Non si parla più tanto di Regno di Dio perché sembra un termine obsoleto, ma a ben vedere il Nuovo testamento non fa che parlare di annuncio di  un Regno nuovo, Regno di pace e di giustizia, Regno di verità e di libertà. Il termine in sé, effettivamente è desueto, perché oggi si preferisce paralare più di evangelizzazione o nuova evangelizzazione ecc., ma i contenuti teologici e antropologici ivi sottesi sono quanto mai attuali. L’uomo di oggi, infatti, sembra aver bisogno,  ancor più  che nel passato, di giustizia, di verità, di libertà e di pace. In questo senso le scelte del popolo di Dio alle volte sorprendono i benpensanti e  i potenti, troppo abituati ad esercitare il potere e conservarlo, per capire le necessità più profonde di un popolo. Allora, a mio avviso, parlare di Regno di Dio significa usare un termine popolare e profondamente spirituale, dall’alto valore antropologico e sociologico.

Ma cosa vuol dire “Regno di Dio”?  Regno del Signore,  fondamentalmente “signoria di Dio” e questo significa che viene assunto come criterio generale per il cammino dei credenti il compimento della volontà di Dio, cioè il primato di Dio affermato nella preghiera del Padre Nostro quando diciamo “venga il tuo Regno”. Dove non si vede Dio, decade l’uomo e decade il mondo. E’ in questo senso che Gesù ci dice “cercate prima il Regno di Dio e la Sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33). Con questo annuncio vien stabilito un inequivocabile ordine di priorità per l’agire umano, per il nostro atteggiamento nella vita di tutti i giorni.

Papa Francesco, in occasione del convegno ecclesiale di Firenze è stato molto chiaro quando rivolgendosi ai vescovi ha affermato: “Come pastori siate non predicatori di complesse dottrine, ma annunciatori di Cristo, morto e risorto per noi. Puntate all’essenziale, al kerygma. Non c’è nulla di più solido, profondo e sicuro di questo annuncio. Ma sia tutto il popolo di Dio ad annunciare il Vangelo, popolo e pastori, intendo. Ho espresso questa mia preoccupazione pastorale nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium (cfr nn. 111-134)”.

L’annuncio del Regno di Dio non può essere ridotto ad un’attività catechistica di gruppo, magari chiusi in un contesto ben ovattato e sicuro della propria associazione o comunità parrocchiale. Il papa, a riguardo, ci ricorda che non si può rimanere legati alle strutture, ancorati alle tradizioni, al passato, ma bisogna entrare nel cuore della nostra società, nel cuore della cultura per attuare un dialogo che sia supportato dall’incontro. Un incontro sincero spontaneo e gioioso del fratello e della sorella che il Signore mi mette accanto o che considero “lontano” dal Regno dei cieli non potrà che provocare sentimenti nuovi in me che annuncio il vangelo e in  chi lo accoglie. Certo non è facile andare fuori dagli schemi prestabiliti, ma non posso pensare che il Regno coincida solo con la Chiesa e con il mio modo di vedere la realtà.  Il Regno è Dio stesso nel cuore dell’uomo e di ogni uomo e “l’evangelizzazione è essenzialmente connessa con la proclamazione del Vangelo a coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato. Molti di loro cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anche in paesi di antica tradizione cristiana. Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma «per attrazione. (cfr. E G n. 14). Un credente quindi non può trascurare questa verità di Fede, perché egli non vive la propria fede come qualcosa che lo porta fuori da questo mondo, ma come un concreto e generoso impegno a far maturare in questo mondo i germi di quel Regno di Dio che egli invoca ogni giorno nella preghiera che Gesù ha insegnato. (Cfr CEI, Il catechismo dei giovani/2, p. 374)    

Anche se bisogna imbattersi in situazioni difficili o contraddittorie e talvolta incombe la tentazione di guardare alla pagliuzza che è nell’occhio del fratello piuttosto che alla trave che è nel proprio, bisogna sempre accogliere e andare verso gli altri con lo stesso slancio di Maria che non tiene per se la Bella  notizia e non custodisce come un tesoro geloso il Mistero che è dentro di Lei. Una ragazza di uno sperduto villaggio, scelta da Dio per testimoniare gioia per offrire un modello di servizio e incontro con i fratelli, specialmente più poveri ed emarginati, diventa per noi il modello del discepolo-missionario del vangelo. In questo senso comprendiamo la generosità della Madonna. La Sua fretta la Sua prontezza e disponibilità a servire, ad incontrare, ad evangelizzare..

 Come Maria anche noi, credenti in Cristo, dovremmo essere pronti ad incontrare gli altri chiunque essi siano, pronti al dialogo  e pronti a servire il prossimo. La fede non si risolve solo in una dimensione verticale. L’incontro con Dio non è unidirezionale: io-Dio e nessun’altro. Infatti occorre vivere la dimensione orizzontale della fede: io-tu, amore per Dio e amore per il prossimo. Un io ed un tu che si relazionano, in modo sincero e generoso, senza pregiudizi e senza sospetti, perché, insieme, guardano a Dio e sono guardati da Lui. Il Regno di Dio comincia quando c’è questo incontro e l’incontro, sarà sempre più significativo, nella misura in cui ci si impegnerà a caricarlo di questo grande significato:  in quel povero, in quell’affamato e in quella persona desiderosa di amicizia e di conforto c’è Gesù (cfr Mt 25). Quando vado verso il fratello incontro Dio e incontro l’uomo. E’ Gesù che c’è lo insegna svuotando se stesso e facendosi uomo come noi.

don Alfonso GIORGIO



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