Il dolore può alimentare la fede in ogni cuore

Pubblicato: 19/08/2023

Mt 15,21-28 

Il dolore può alimentare la fede in ogni cuore

Il Vangelo di Matteo (al capitolo 15, 21-23) in questa domenica ci propone un personaggio che si discosta non poco dal gruppo dei fedeli dii Israele, si tratta di una donna cananea. Fondamentalmente potremmo dire che si tratta di una non credente, una pagana, in qualche modo un’eretica, per quello che concerne la religione istituzionale. Però nonostante il suo status si rivolge a Gesù.

Quello che mi sorprende ogni volta che ascolto questo brano del Vangelo è la supplica della cananea indirizzata a Gesù: gli chiede di intervenire, chiede la guarigione della figlia, ma alla sua richiesta sembra corrispondere solo indifferenza e silenzio.

E’ proprio questo silenzio di Gesù a sorprendermi, un silenzio direi “dirompente”, imbarazzante. Sembra essere indifferente al grido di aiuto della cananea. Come mai? Beh, riflettendo, si può capire meglio il senso di questa “non – reazione” del Signore.

La preghiera quando è vera, cioè realmente atto di affidamento a Dio,  è sempre, un continuo esporsi alla delusione, cioè alla possibilità di non essere soddisfatta. Una preghiera che soddisfacesse subito le nostre personali esigenze, si potrebbe caratterizzare come  un’illusione, una risposta illusoria non proprio vera, cioè non veniente da Dio, ma piuttosto una nostra risposta personale.

Su un piano psicologico, andremmo quasi a mettere a posto la nostra persona e la nostra coscienza per darci noi stessi delle risposte, per il fatto che magari, non ci sentiamo dire quello che vorremmo sentirci dire. Invece, la vera preghiera comporta anche questa contraddizione, la possibilità di un diniego. Peraltro, bisogna anche dire che la preghiera diventa il “banco di prova” della nostra fede, perché è proprio da questo silenzio misterioso che non bisogna scappare. Nella preghiera bisogna attraversare questo silenzio, l’imbarazzo, e la mancanza di risposte.

Se siamo sinceri con  noi stessi dobbiamo ammettere che molto spesso ci soffermiamo a riflettere su questo “silenzio di Dio”: come mai accadono cose così dolorose nel mondo e per giunta a persone innocenti? Come mai accadono tragedie, disastri irreversibili, ecc.?

Accadono fatti terribili e sembra che Dio sia senza risposta. In questo paradosso comprendiamo, effettivamente, che solo la forza della preghiera ci può offrire delle risposte.

La cananea si prostra dinanzi a Gesù, insiste parlando di cagnolini e di briciole. Di fronte al diniego di Gesù che la invita a riflettere sulla sua natura e sull’impossibilità – per sua scelta -  di prendere dello stesso pane, la cananea non si arrende e insiste; invece di abbandonare il campo, proprio in base all’affermazione di Gesù che perentoriamente dichiara: “non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”, rilancia.

E’ forte questa donna, come ogni madre disperata, riesce a sbarrare il passo a Gesù,  si getta faccia a terra davanti a lui, e dal suo cuore ferito gli indirizza la seconda parola, tutta preghiera e abbandono : Signore, aiutami!

Gesù appare ancora contrariato e determinato e la sua risposta risulta molto dura, come non mai: niente miracoli per chi non accetta l’unico Dio! 

La disperazione rende determinata e geniale quella madre in pena per la propria figlia che osa ancora: “è vero, Signore, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola".

Fammi almeno una briciola di miracolo, per me  e mia figlia, “cagnolini” in questo mondo! E’ un esempio per noi di determinazione e fiducia in Gesù, come cani anche noi possiamo chiedere a Nostro Signore, non dobbiamo stancarci mai di chiedere e osare! 

L’insistenza di questa preghiera, in un certo senso, diventa l’occasione perché Gesù possa verificare fino in fondo la sua fede: “la tua fede è grande”, questa  la risposta, che evidenzia un svolta anche in Gesù stesso, “ti sarà fatto quello che chiedi” e la figlia guarisce proprio perché c'è questa profonda disponibilità e questo abbandono sincero. Questa alla fine è proprio la  fede autentica.

Paradossalmente Gesù, attraverso l’esempio di una straniera, ci indica il modo giusto con cui bisogna rivolgersi all’Eterno, in una “convivialità delle differenze”, che non vede nessuno escluso dalla Grazia di Dio e che considera, invece arricchente la presenza dell’altro nella mia vita, anche se diverso da me.

Con il Suo primo no, in qualche modo, ci fa capire che non si guarda all’appartenenza, non si guarda allo status di una persona e che anzi tutti possono essere accolti da Lui. Chiunque può ottenere grazia da Lui.

La cananea apparteneva a un altro popolo, un’altra cultura, un’altra religione, era differente appunto; eppure è stata resa oggetto della benevolenza del Signore consolidando quella che Don Tonino Bello denominava “convivialità delle differenze”. E’ una sua, ormai nota, espressione che ci richiama anche alla fraternità e alla condivisione.

E’ vero che noi siamo soli davanti a Dio ma accanto a noi il Signore pone tanti fratelli e sorelle anche diversi, molto diversi da noi, affinché ci arricchiamo e viviamo la gioia della fraternità e del sostegno reciproco.

C’è una possibilità per tutti!

Tutti possiamo prendere quel pane, anche chi viene a volte catalogato come “lontano” può, magari in modo diverso, con insistenza e fede, mangiare di quel pane, partecipare al medesimo banchetto, perché siamo tutti figli di Dio e tutti, fratelli e sorelle in Cristo Gesù.

don Alfonso GIORGIO



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