Il distintivo del vero Cristiano è il grembiule

Pubblicato: 16/10/2021

Vangelo di Marco 10,35-45

 Il distintivo del vero Cristiano è il grembiule

Il vangelo di Marco in questa domenica ci racconta di una sorta di richiesta di “raccomandazione” da parte di due figli desiderosi di primeggiare. Volevano occupare posti di privilegio, nel gruppo degli apostoli, ponendosi alla destra ed alla sinistra di Gesù.  

L’evangelo di Marco, forse per rispetto di questi apostoli - Giacomo e Giovanni, ci riferisce che è la madre a fare questa richiesta a Gesù. Una richiesta che sembra paradossale, soprattutto dopo che Gesù, per la terza volta, aveva annunciato la Sua passione e morte. Mentre il Maestro predica e testimonia di continuo il servizio e l’amore al  prossimo nell’umiltà dei piccoli e dei poveri del vangelo,  questi giovani, figli di Zebedeo, chiedono un privilegio, tutto per loro. In realtà questi fratelli morirono martiri e diedero la vita per Cristo, come gli altri apostoli, ma in quel momento non avevano ancora capito che per essere i “primi” -  secondo la logica del vangelo  - bisogna essere gli “ultimi”.

Il vangelo è indirizzato a noi e quindi ritengo che dovremmo capirlo anche noi, invece, non di rado, si cercano situazioni di privilegio ed, in qualche caso, si arriva a addirittura a servirsi di Cristo e della Sua Chiesa. Piuttosto che servirLo e servire la Chiesa ci si serve di Gesù, ci si serve della Chiesa per diventare “qualcuno”, quasi per raggiungere una posizione narcisistica ed essere così i “primi della classe”, i migliori, magari dopo aver fallito nel mondo. A riguardo don Tonino Bello direbbe che “quello che ti rende veramente felice è mettere il grembiule come Gesù ha fatto in occasione della lavanda dei piedi”, ha messo il grembiule e si è messo a servire. Lui che è il primo, indiscussamente il primo tra noi, si è fatto ultimo e ci insegna che anche noi dobbiamo farci ultimi per essere i primi.

Si è primi quando non si prende con forza qualcosa ma, al contrario, la si dona. Si è primi non nell’esprimere autorità con forza, ma nel servire, non nel comandare, ma nell’accogliere, non nell’avere tutto per sé, ma nel condividere. Questo dovrebbe essere il criterio di fondo su cui dovrebbe innestarsi ogni iniziativa di fede e che dovrebbe caratterizzare il nostro vissuto di cristiani.

Con nostalgia ricordo la ma infanzia e di quando mia madre mi portava a casa di amici poveri. Mi viene in mente un episodio in particolare. Ero proprio piccolo, forse dovevo avere sette o otto anni  e mia mamma mi diede un insegnamento subito dopo il Santo Natale. A quei tempi solo a Natale si riceveva il giocattolo più bello, infatti era raro riceverne in momenti diversi. Era un bel giocattolo, quello che avevo ricevuto quell’anno, lo ricordo, era un sassofono, molto bello e luccicante. Mi ci ero affezionato, mi piaceva, ma dopo una settimana, mia madre mi invitò ad andare con lei e mi portò in un “tugurio”. Ricordo che  si scendeva giù, sotto il livello della strada.

In quell’unica stanza viveva un’intera famiglia, molto numerosa e moto povera. C’erano molti bambini e mi disse prima di scendere: “adesso dobbiamo lasciare questo giocattolo”, io lo avevo appena ricevuto, solo una settimana prima. Non me lo aspettavo ed ero triste in quel momento, ma quando in seguito al dono vidi il volto di quel bambino sorridente e felice -  sembrava che non stesse più nella pelle perché aveva ricevuto quel bellissimo giocattolo -  allora fui felice anch’io e capii, grazie alla mia mamma, che è proprio “dando che si riceve” e proprio donando che si è felici. “Se vuoi essere felice allora fai felici gli altri” ce lo ricorda anche la Santa Madre Teresa di Calcutta, ce lo ricorda don Tonino Bello. Sono questi profeti che ci insegnano la gioia del servizio; ci dimostrano che il vangelo è possibile e che lo si può vivere veramente se ci si impegna in prima persona e piuttosto che avere come distintivo di riconoscimento la croce, magari solo come orpello, ci si impegna ad avere sempre il grembiule, come Gesù. 

don Alfonso GIORGIO 



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