I piedi dei poveri, amati dal Signore

Pubblicato: 01/05/2022

Gv 21, 1-19

I piedi dei poveri, amati dal Signore

È ancora Pasqua e Gesù si manifesta ai suoi sul lago di Tiberiade. Non vuole lasciarli nell’incertezza, vorrebbe ancora portare amore, trasmettere loro amore. Il Risorto è pronto a  consolare ed è per questo che si rende presente nel loro quotidiano. Mentre gli apostoli sono tornati alle loro occupazioni -  potremmo dire - alla ferialità, a pescare, ecco che Gesù appare.

E’ strano che siano in barca. Forse i sentimenti son ancora confusi e nel loro cuore c’è ancora incertezza. Forse non hanno chiara la missione da compiere e il modo con cui devono agire, ma Gesù chiarisce tutto relazionandosi alla persona di Pietro. Mentre è  ancora presente nella nostra mente lo scandalo del triplice rinnegamento di Pietro, in questa pagina del vangelo, avviene il ripristino.  

Gesù ancora una volta si china sui piedi di Pietro! Lo aveva fatto quel giovedì santo, in occasione dell’ultima cena, lo fa ancora oggi per insegnarci il modo con cui dobbiamo porci agli altri, il modo con cui dobbiamo relazionarci e vivere l’umiltà del servizio. Gesù si china ancora dinanzi ai piedi di Pietro peccatore. Il problema però non è nei peccati, e nemmeno nel fatto che quegli uomini scelti siano tornati di nuovo a pescare, perché incerti e ancora smarriti,  ma piuttosto è che molto spesso, nel nostro orgoglio non ci riconosciamo peccatori. Pietro, invece si riconosce peccatore e prova vergogna. Con quel pianto, in quella notte di paura e tradimenti il Signore  lo ha purificato; in quella stessa notte è stato perdonato da Gesù; il “servo sofferente” mentre sta affrontando la passione ha già un pensiero per quell’amico che ha sbagliato; ha riscontrato in lui un grande pentimento.

C’è un pianto eloquente, che viene dal profondo dell’essere e ci sono delle lacrime che purificano. A Gesù basta questo! Noi dovremmo percorrere questa via! Non la via della mortificazione, della frustrazione del non sentirsi mai idonei, mai adeguati, incapaci ma, piuttosto, la via dell’umiltà che ci permette di incontrare Gesù. Perché il Signore è lì che  ci vuole incontrare su quel terreno a Lui tanto caro: il terreno del riconoscimento delle proprie fragilità. Non è con l’orgoglio che incontreremo Dio, per questo Pietro diventa addirittura “la roccia”; non sarà più Simone, ma Cefa.  “Gesù affida ad un peccatore la sua Chiesa”! Proprio così si pronuncia spesso papa Francesco: “l’affida ad un peccatore” che comunque è stato perdonato, perché ha riconosciuto i suoi peccati ed è diventato una roccia.

Tutto ciò deve renderci consapevoli che non c’è peccato dell’uomo che Dio non perdoni e che quindi non dobbiamo avere paura,  né dobbiamo scandalizzarci dinanzi a quello che vediamo attorno a noi o a quello che noi stessi viviamo: sono le nostre fragilità. Solo dobbiamo avere il coraggio di rialzarci dalle pietre in cui ci sentiamo prostrati e iniziare una nuova vita.

Come afferma don Tonino Bello dobbiamo convincerci che: “i piedi dei poveri sono il traguardo di ogni serio cammino spirituale. Abbiamo capito un po’ tutti, cioè, che quando Gesù si curvò sulle prosaiche estremità dei suoi discepoli, più che offrirci il buon esempio dell’umiltà, volle soprattutto farci vedere, attraverso i moduli espressivi del servizio, verso quali basiliche avremmo dovuto ormai indirizzare i nostri pellegrinaggi. Se, però, almeno in teoria, non si fa più fatica ad ammettere nel povero la presenza privilegiata di Dio, stentiamo ancora a capire che i piedi di Pietro sono il primo santuario dinanzi al quale dobbiamo cadere in ginocchio. In termini di servizio, è ovvio. Non in termini di ossequio: ché di questo, anzi, ce n’è fin troppo nei confronti del «pescatore”. Sì, ce l’ha fatto capire Gesù: anche Pietro è un povero. Oggi più che mai.
Anzi, per usare la terminologia corrente, appartiene alla “classe degli ultimi”.

Anche noi dobbiamo baciare i piedi di Pietro, con umiltà, perché è un peccatore amato dal Signore e ognuno di noi può essere amato da Lui se si riconosce umile e bisognoso di misericordia. Questo è l’univo modo per dare inizio alla missione cui siamo chiamati.

don Alfonso GIORGIO



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