I beni immateriali non fanno la felicità

Pubblicato: 30/07/2022

Lc.12, 13-21 

I beni immateriali non fanno la felicità

Che il Vangelo venga utilizzato, in qualche modo, per fare riferimento alla propria vita e trovare una risposta o una consolazione per una propria sofferenza, una malattia e ottenere nella preghiera una guarigione, questo può anche starci, ma che addirittura ci si avvalga del Vangelo per ottenere giustizia circa questioni che riguardano i beni materiali è veramente fuor di luogo.

Un uomo dalla folla chiama Gesù e lo prega di occuparsi dei suoi beni. Lo investe quasi del ruolo di un giudice e gli chiede di impegnarsi, affinché il fratello si adegui alla sua richiesta e cioè che divida con lui quella parte di eredità che secondo lui gli spetterebbe.

Insomma, Gesù dovrebbe entrare nel merito di questioni che riguardano i beni materiali, ma la Sua risposta è repentina: ”o uomo chi mi ha eletto giudice tra te e le tue cose, te e tuo fratello?” e poi cogliendo l’occasione dalla circostanza il Signore continua il suo discorso allertando i presenti, affinché stiano lontani dalla cupidigia perché non sono i beni a  fare la felicità.

I beni non salvano l’anima, non è che non si debba possedere dei beni, ma i beni vanno visti in maniera funzionale ad un percorso di vita che ci deve condurre ad amare gli altri, a relazionarci con gli altri e ad essere felici, non tanto per le cose che si posseggono, ma per le cose che riusciamo a distribuire agli altri, a donare, a condividere con gli altri.

Privilegiare la compagnia significa trovare la felicità: “cum panis”, con uno stesso pane, condividere, dividere con l’altro. E questo dovrebbe essere l'obiettivo di ogni buon cristiano, di ogni persona, direi perché ce ne accorgiamo anche ad ampio raggio nel mondo laico, quanto sia difficile essere felici.

Ecco, se l’affidamento  è posto sulle cose materiali o anche sulle persone, si rischia di rimanere delusi, per così dire “scottati”. Soprattutto i beni materiali non hanno un’anima e non trasferiscono emozioni durature, possono costituire solo uno strumento per essere vicini al prossimo, ma anche il prossimo può deludere perché bisogna fare sempre i conti sempre con il limite umano.

Scrive san Basilio: «E se poi riempirai anche i nuovi granai, che cosa farai? Demolirai ancora e ancora ricostruirai? Con cura costruire, poi con cura demolire: cosa c’è di più insensato, di più inutile? Se vuoi, hai dei granai: sono nelle case dei poveri».

Il ricco della parabola invece dice sempre «io» (io demolirò, costruirò, raccoglierò...), usa sempre l’aggettivo possessivo «mio» (i miei beni, i miei raccolti, i miei magazzini, me stesso, anima mia). Non vi è spazio per nessuno nel cuore duro di un ricco egoista. E’ un uomo chiuso nei suoi affari, senza aperture, senza brecce; non solo privo di generosità, ma privo anche di relazioni: in fondo un uomo povero e vuoto di amore. La sua in realtà è un “non vita”. Infatti: l’espressione di Gesù è chiara: questa notte stessa ti sarà richiesta indietro la tua vita.

Per cui l’espressione grassa del ricco che dice: “io ormai ho raccolto fiumi di frumento e quindi posso costruire addirittura altri magazzini e riempirli fino all’orlo;  anima mia, hai a disposizione tante cose, mangia, bevi divertiti senza posa” è veramente emblematica di una mentalità materialista, senza cuore per gli altri e senz’anima, perché l‘anima, in realtà, non avrebbe bisogno di cibo materiale… “Stolto  - dice Gesù, -  questa notte stessa ti sarà tolto tutto ciò che hai”, nel senso che dovrai sempre fare i conti con la precarietà della  nostra  vita.

Tutti dobbiamo fare i conti con la precarietà della nostra vita, con i nostri limiti e le nostre fragilità. Non saranno certamente le cose a darci delle garanzie, ma piuttosto l'amore per l'altro, l'amore per Dio, l'amore per il prossimo.

A questo riguardo don Tonino Bello soleva dire: “quanta gente ha i soldi ed è infelice, ha tante cose, ma veramente tante cose “riscaldate” -  diceva proprio così -, ma ha freddo lo stesso; ha la salute, ma è corrosa dalla noia; ha tutto per vivere, ma fa tutto per morire”.

“Non di solo pane vive l’uomo”: è questo il senso del messaggio di Gesù, non si solo pane, può vivere l'uomo perché la vita deve necessariamente intrecciarsi con la vita degli altri.

Il riferimento per noi è Dio, Dio, amore.

Lui solo può darci un amore vero e pieno e invitarci a suo tempo, a sua volta, ad amare di più ed amare gli altri, soprattutto i più sfortunati della terra.

Se abbiamo qualcosa la dobbiamo condividere, perché è solo condividendo che c’è gioia e felicità e poi il dono della vita eterna.

don Alfonso GIORGIO



Ultimi Video


Vedi tutti i video »

Clicca sul Banner in basso e guarda il video

Inquadra il codice qr e sostienici!

Oltre le barriere - 2k24 -

è un progetto de

L'Albero Verde della Vita

_____________________________

 

_______________________

DOMUS SAPIENTIAE - Collana Testi

(Liber I)

(Liber II)

(Liber III)

______________________