Festa della Presentazione del Signore: "Candelora"

Pubblicato: 02/02/2022
Festa della Presentazione del Signore: "Candelora"

La festa della Presentazione del Signore, raccontata dal vangelo di Luca (2,22-40) è popolarmente chiamata anche “Candelora” a motivo della antica tradizione di benedire delle candele, che al termine del rito i fedeli portano tradizionalmente in casa per custodirle ed accenderle in particolari occasioni.  Le candele, evocano luce e sono simbolo di Cristo “luce del mondo” così come viene chiamato Gesù Bambino dal vecchio profeta Simeone: «I miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». La stessa frase, peraltro, viene ripetuta dalla Chiesa tutte le sere nella preghiera di compieta che chiude la giornata.

La Candelora è la festa delle luci ed ha origini molto antiche: in Oriente veniva denominata: “Ipapante”, cioè festa dell’“Incontro”. In Occidente si diffuse più tardi nel secolo VI: da Roma, dove aveva carattere più penitenziale, alla Gallia con la solenne benedizione e processione delle candele che ha dato il nome alla festa: “candelora”, appunto. 

Questa festa cade 40 giorni dopo la Celebrazione del Santo Natale - secondo le prescrizioni ebraiche che prevedevano, infatti, la presentazione dei bambini primogeniti, dopo 40 giorni dalla nascita - chiude tutte le celebrazioni natalizie per aprirsi già alla Pasqua, mistero centrale della nostra fede; infatti è proprio la profezia di Simeone alla Vergine Maria («anche a te una spada trafiggerà l'anima») ad aprire il cammino della Passione e Risurrezione.

C’è anche un’altra ancestrale radice storica che secondo Beda il Venerabile, sarebbe da ricondurre alla processione dei Lupercalia dei Romani, una sorta di riparazione alle sfrenatezza che avvenivano in tale circostanza, per cui la processione della Candelora costituirebbe un contrapposto di quell’antica usanza.

Lupercalia era una festa molto antica celebrata dai Romani già dal IV secolo a.C. fino a quando Papa Gelasio I la soppresse nel V secolo d.C. in quanto festa pagana. Le finalità erano diverse come pure il messaggio teologico ivi sotteso: se per i romani l’intento era soprattutto propiziatorio, in quanto si voleva imbonire la divinità, per i cristiani il rito si prefigge di evidenziare l’importanza dell’accoglienza personale e comunitaria della luce della Fede nei cuori.

E’ una luce gentile, così come la definisce il cardinale Newman, ma al tempo stesso, una luce speciale che dissipa le tenebre. Luce che mentre dirada le tenebre ne evidenzia anche il contenuto. Luce che riscatta le tenebre dalla dittatura della confusione e della paura. Tutto questo è riconducibile alla custodia in quel Divino Bambino.

Gesù è venuto in mezzo a noi affinché non ci sentiamo mai soli, ma piuttosto inclusi e accolti. Il Suo è un compito specifico dentro la nostra vita. Ha il compito di accendere luci anche lì dove umanamente non ci sarebbe più nulla da fare perché le tenebre sovrastano o sembrano prevalere. Il nostro compito, però è lasciare che la luce si irradi nei nostri cuori e ci trasformi dal di dentro affinché con coraggio riconosciamo il male che imperversa nella nostra vita e ci impedisce di accogliere la luce di Cristo. Solo la luce del mondo, accolta consapevolmente, può darci gli strumenti per dare un nome ad ogni tenebra che invade la nostra vita, ad ogni peccato, ad ogni male, ad ogni cosa che ci fa paura e ci frena nel cammino della vita. Solo così potremo essere anche noi segno di quella grande Luce che si irradia nel mondo.

don Alfonso GIORGIO



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