L’educazione alimentare per favorire il benessere di mente e corpo

Pubblicato: 01/12/2022
L’educazione alimentare per favorire il benessere di mente e corpo

E’ un dato di fatto che, in generale l’uomo potrebbe mangiare svariati quantitativi di cibo ma, in realtà, il quantitativo di quelli che assume è molto ridotto proprio perché è la “testa” che, di fatto decide quali cibi assumere.

Da questo punto di vista esistono molti condizionamenti di varia natura che intervengono limitando la tipologia di cibo da assumere; esistono condizionamenti di natura culturale per cui le nostre abitudini alimentari sono fortemente influenzate dalle rappresentazioni mentali di quello che riteniamo commestibile; si rifiutano cavallettte, larve, per fare qualche esempio, ma si accettano lumache, anguilla ecc.

Esistono condizionamenti sociali per cui mangiare diventa un processo psicologico con forte valore simbolico, influenzato dal contesto, si pensi ai cibi che rappresentano degli status symbol come l’aragosta, il caviale, le ostriche; altri condizionamenti possono essere legati alla moda, si pensi al veganismo; ancora, altri condizionamenti riguardano aspetti educativi per cui si oscilla tra l’iperprotezionismo del bambino che lo preserva da cibi considerati inadeguati al lassismo estremo per cui si concedono merendine, patatine, bibite senza troppe indulgenze.

Non solo, assumono un ruolo di estrema importanza i condizionamenti di tipo emotivo per cui il cibo assume significati totalmente opposti ai bisogni nutrizionali; piuttosto serve per colmare necessità prettamente emotive.

Di fatto, la clinica riporta molti esempi in cui non è rara l’acquisizione di cibo per modulare stati emotivi spiacevoli (comfort food) per cui il cibo diventa fonte di rassicurazione; tale condizione si rivela estremamente pericolosa poiché se considerato fonte unica di piacere emotivo, il cibo può anche tramutarsi in colpa, inadeguatezza e virare verso una condizione di patologia all’interno della vasta gamma dei disturbi dell’alimentazione.

Di fatto, per tornare alle neuroscienze intervengono spiegando che a seconda del cibo di cui ci si nutre, si attivano determinate aree encefaliche che generano emozioni le quali, a loro volta, determinano comportamenti.

Nello specifico esistono cibi che stimolano positivamente il cervello;

i vegetali, per esempio, grazie al contenuto di amidi e fibre, incidono sulle concentrazioni di triptofano nel cervello,  l’amminoacido antidepressivo precursore della serotonina[1]. Al contrario il consumo frequente di carne incide negativamente sui livelli di serotonina.

Mangiare con gusto incrementa l’acutezza sensoriale poiché il gusto è considerato un fattore multisensoriale che mette insieme profumo, sapore e aroma e che si attiva proprio attraverso specifiche reti neuronali. I colori del cibo attivano tutta una serie di sensazioni fisiche ed emotive che incidono sulla psiche, si pensi al giallo dei peperoni, del mais, del melone; il giallo è un colore che stimola la concentrazione e la memoria; il rosso, la volontà e il coraggio e così via.

Sulla base di queste considerazioni, è possibile che venga più facile comprendere come quella del “mangiare” non sia solo una mera esperienza di assunzione di cibo, piuttosto sarebbe più utile considerarla un’esperienza globale di benessere; da questo punto di vista, un’alimentazione sana, equilibrata e completa sin dalla nascita contribuisce a  prevenire alcuni disturbi tipici della terza età e garantire un benessere fisico ma anche e soprattutto un benessere psicologico.

Si eviterebbero, in tal senso, le spiacevoli limitazioni alimentari soprattutto nel corso della terza età, fase in cui il rapporto con il cibo diventa fonte di ansia e non infrequente lo sconfinamento in una sorta di “integralismo alimentare” in cui rigidità psicologica, perfezionismo, controllo, alimentano il rischio di rigide selezioni alimentari con regimi nutrizionali monotoni che prevedano poco condimento dei cibi o eccessivi livelli di cottura.

In realtà, condizioni di questo genere favoriscono l’inappetenza e l’astenia nell’anziano, in alcuni casi precursori di deterioramento cerebrale e depressione; in sintesi tutto ciò che si colloca all’opposto della sensazione di benessere alimentare.

Dr.ssa Crescenza MAZZARACO

 


[1]La serotonina è un neurotrasmettitore sintetizzato nel cervello che viene considerato l’ormone del buonumore



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