Il dominio definitivo. Prime idee per una geopolitica della mente

Pubblicato: 12/09/2022

Il campo di battaglia definitivo per il controllo dell’ordine mondiale è la mente delle persone

Il dominio definitivo. Prime idee per una geopolitica della mente

Mario Caligiuri, Presidente della Società Italiana di Intelligence, ha tenuto una lezione al Master in Intelligence dell’Università della Calabria, affrontando il tema “Il dominio definitivo. Prime idee per una geopolitica della mente”.

Caligiuri ha esordito ricordando che nel nostro Paese si deve a Lucio Caracciolo la ripresa della geopolitica, intesa come lo studio dei fattori di potenza di uno Stato che tengono conto nella lunga durata della geografia e della storia, collocati nell’attualità dello scenario politico.

Ha quindi illustrato brevemente le principali teorie geopolitiche in base alle quali dominava il mondo chi controllava i mari, il centro della terra, l’aria o lo spazio. 

Per Caligiuri: “il controllo dei mari ha consentito all’Inghilterra di costruire un impero che si estendeva in tutti i continenti; la presenza culturale nelle linee di faglia tra l’Asia e l’Europa è ancora oggi strategica come nel “grande gioco” dell’Ottocento; il dominio dell’aria venne teorizzato dal generale italiano Giulio Douhet dato che proprio il nostro paese utilizzò in Libia nel 1911 per la prima volta gli aerei in un conflitto; la corsa allo spazio tra le due superpotenze ideologiche dopo la seconda guerra mondiale venne considerato un fattore determinante. Negli ultimi vent’anni,si è progressivamente esteso lo spazio cibernetico che è asimmetrico per definizione dove piccoli Stati come territoriopossono essere grandi potenze, quali Israele e Corea del Sud”.

“Dal cyber spazio – ha proseguito - arrivare al sesto dominio il passo è stato breve, poiché nel 2030 tecnicamente tutti i cittadini del mondo potranno essere connessi a Internet. Pertanto se tutti siamo collegati tutti potremmo essere controllati e quindi in gran parte condizionati”.

Caligiuri è così giunto a delineare la “geopolitica della mente”, intesa come il campo di battaglia dove si sta svolgendo la lotta per il potere, in modo da esercitare il dominio definitivo sulle persone e sulle nazioni, poiché oltre il controllo della mente non può esserci altro. “Da sempre – ha precisato - il nostro modo di pensare è già in gran parte condizionato dalla genetica e dall’ambiente, cioè dalla famiglia da cui nasciamo e dal contesto sociale e nazionale in cui viviamo, che condizionano inevitabilmente il nostro futuro, trasmettendo inoltre dei pregiudizi che orientano la percezione della realtà”.  

Ha poi proseguito, ricordando la “geopolitica delle emozioni”, teorizzata da Dominique Moïsi che ipotizza i continenti della speranza, della paura e dell’umiliazione sostenendo che “viviamotutti lo stesso tempo ma lo percepiamo in maniera differente”. Pertanto, per Caligiuri “la geopolitica della mente è collegata direttamente allo studio del futuro. La società post-industriale è infatti basata su un progetto di futuro, tanto che soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, politici, accademici, scienziati eoperatori dell'intelligence, si sono esercitati sul futuring. Non sembri pertanto casuale che lo studio del futuro sia materia di insegnamento nelle scuole scandinave, e sarebbe bene lo diventasse anche in Italia, integrando tanti decrepiti percorsi disciplinari scolastici e accademici”.

Per il docente, “mai come in questi anni di pandemia, e adesso con la guerra russo-ucraina, è evidente come accanto alla guerra reale vi sia quella dell’informazione, che provoca effetti distorsivi devastanti. Per descriverli Marshall McLuhan ricordava che “quello di cui i pesci non sanno assolutamente nulla è l’acqua”. Vale lo stesso per noi che siamo totalmente immersi nella disinformazione e percepiamo l’esatto opposto della realtà”. 

“Non solo – ha continuato - la dialettica tra verità e menzogna ha sempre contraddistinto la storia dell’umanità, tanto che Aulo Gellio sosteneva che “la verità è figlia del tempo”, ma oggi tutto sta cambiando in modo strutturale con l’avvento dell’intelligenza artificiale. Non a caso, il futuro dell’intelligence è quello di confrontarsi con uno scontro di intelligenze, tra l’intelligenza umana da un lato e quella artificiale dall’altro”.

Caligiuri ha ricordato che “secondo Ray Kurzweil il 2043 sarà l’anno della “singolarità”, quando l’intelligenza artificiale supererà quella umana. Il 2043 è lo stesso anno in cui Philip K. Dick ambienta il racconto Minority report in cui i crimini vengono previsti prima che si commettano”. 

“L’intelligenza artificiale – secondo il Presidente - inevitabilmente comporterà uno spill-over, un salto di specie come quello che segnò il passaggio dall’uomo di Neanderthal all’uomo Sapiens e da questo si sta arrivando all’uomo Simbioticus, caratterizzato da una inevitabile ibridazione tra uomo e macchina. Se adesso siamo orientati dall’intelligenza artificiale nell’immediato futuro potremmo anche essere controllati”. A riguardo, ha riportato l’opinione di Alan Turing (uno dei padri dell’intelligenza artificiale e protagonista della decifrazione del codice “Enigma” utilizzato dall’esercito tedesco durante la seconda guerra mondiale), che rispose affermativamente quando gli domandarono se la macchina potesse sviluppare una coscienza.

Caligiuri ha illustrato che oggi viviamo in tre dimensioni che si sovrappongono contemporaneamente: fisica, virtuale e aumentata. E quest’ultima è il risultato dell’ibridazione tra uomo e tecnologia.

Il Professore si è quindi soffermato sull’importanza dell’intelligence non solo per predire accadimenti e fenomeni sociali ma soprattutto per interpretare gli eventi in un contesto caratterizzato dalla dismisura delle informazioni. “E mentre in passato – ha sostenuto - il consenso era ottenuto con la forza, attualmente è raggiunto attraverso la persuasione e la propaganda, in uno scenario in cui diventa sempre più difficile distinguere il vero dal falso. Pertanto, prevalere nell’informazione è determinate. Non solo Bill Gates aveva evidenziato che per cittadini e imprese è essenziale eccellere nel settore dell’informazione, ma come strategia nazionale gli Stati Uniti già nel 1997 hanno definito il concetto di “information dominance”, in base al quale “nei conflitti di domani prevarrà chi racconterà la storia migliore”. 

Caligiuri ha fatto riferimento al libro di William Davies "Stati nervosi", in cui si argomenta che l’emozione ha conquistato il mondo, orientando l’azione di cittadini insofferenti e frustrati, sempre più scettici verso esperti e istituzioni, con algoritmi impostati in base al comportamento umano che è “prevedibilmente irrazionale”, come sostenuto dal premio Nobel per l’economia Daniel Kahneman. 

“Se la Guerra fredda - ha precisato - è stata soprattutto una guerra di intelligence, combattuta attraverso le spie e le informazioni, la disinformazione e l’influenza culturale, con la globalizzazione e il cyberspazio lo scenario si è profondamente trasformato: la manipolazione è diventata capillare e incontenibile e viene utilizzata non tanto per finalità politiche, quanto economiche, con gli stati diventati entità finanziarie e con le multinazionali che condizionano i governi democratici”.

Caligiuri ha concluso sostenendo che “occorre prima di tutto comprendere che la disinformazione è ormai la caratteristica di questo tempo. E’ necessario, quindi individuare le informazioni rilevanti, quelle che avvicinano alla sempre complessa comprensione della realtà. Pertanto, l’intelligence è una necessità sociale, che serve ai cittadini, alle imprese e agli Stati. Ma sviluppare la cultura dell’intelligence richiede un grande investimento culturale sull’educazione, che dovrebbe occupare il primo posto nelle agende dei governi, che invece sono erroneamente concentrati solo sull’economia”.

Dott. Andrea SORRENTINO



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