EUR_OPA: rischi sistemici o danni collaterali

Pubblicato: 09/05/2022
EUR_OPA: rischi sistemici o danni collaterali

La rettifica delle stime di crescita dell’economia europea, e tanto più di quella italiana, prospettano se non scenari di stagflazione quantomeno di brusca frenata. La stessa Confindustria stima che entro la fine dell’estate, circa metà delle aziende ridurranno la loro produzione per la crisi Russo-Ucraina con il relativo caro energia e crescita del costo delle materie prime. L'elevato clima di incertezza si sta traducendo in una generalizzata flessione degli indici di borsa, un apprezzamento del dollaro sull’euro e lo yen, e un aumento dei tassi di interesse di lungo periodo. L'attuale fase è di profonda incertezza e mina la fiducia nel consolidamento della ripresa post pandemica.

Da un lato i segnali che provengono dalle quotazioni finanziarie dei prodotti energetici, dei metalli di base e dei prodotti alimentari indicano che la fase di prezzi elevati sia destinata a perdurare. Dall'altro, emergono segnali trasversali di rallentamento dei livelli di attività industriale mondiale che potranno risultare un fattore di riduzione di prezzo e di rallentamento degli indici di crescita degli scambi.

Il rischio di una recessione per l'UE, a causa delle questioni energetiche che causeranno problemi inflattivi già in corso e rallentamento delle ordinazioni sembra molto probabile se non si riuscirà a razionalizzare nel breve termine i consumi, a diversificare nel medio termine le fonti di approvvigionamento e a trovare una soluzione unitaria sulle scelte di lungo periodo tra le fonti di energia alternative, modellizzando i percorsi e sostenendoli finanziariamente.

La contrazione del PIL in quasi tutte le economie occidentali, a iniziare dalla locomotiva teutonica, frena l’esuberante ripresa generatasi dopo l’uscita virtuale dal covid, che oggi sembra ripartire proprio dalla stessa Cina con una nuova variante di omicron.

Gli scenari neutri prospettati da Banca d’Italia, a seconda della durata del conflitto russo-ucraino, dipingono una situazione di contrazione della ripresa e di crescita inflattiva che potrebbe sfiorare nella peggiore delle ipotesi l’8%.

Se poi dovessimo calcolare gli effetti di un ipotesi shock di stop alle importazioni di gas per l’autunno del 2022, quadro paventato anche dallo stesso governo nazionale ma ancora troppo difficile da immaginare per ovvie ragioni di tenuta dell’economia e il relativo disagio sociale ma anche e soprattutto per le resistenze dei paesi a lingua germanica e l’Ungheria, allora la crescita economica italiana subirebbe un tracollo ulteriore, praticamente azzerandosi.

Nell’ipotesi però che non ci siano prima dell’autunno interruzioni dei flussi di gas russo, l'Europa dovrebbe ricostituire scorte adeguate ad affrontare la stagione invernale. Su questa ipotesi però non sembrano scommettere i mercati, e in questa chiave si possono leggere i rialzi dei future sul gas ma anche sul  contratto future del Carbone termico Europe, che è asceso di oltre il 10%  in questi giorni.
Positiva la tendenza al ribasso dei prezzi spot del petrolio, lontano dai livelli top raggiunti ad inizio marzo, su cui stanno pesando sia il deterioramento della situazione Covid in Cina e l’effetto Evergrande sulla crisi del mercato immobiliare cinese, sia le dichiarazioni falco della Fed,  con una strategia di riduzione del tapering, ossia una riduzione di acquisto di bond da parte della Federal Reserve e un sicuro rialzo dei tassi di interesse. Tutto questo si traduce in un costo del conflitto che si sta spalmando sul vaso di coccio europeo, ancora incapace di operare in maniera autonoma correggendo e attuando scelte di politica estera tali da affrancarsi dagli USA e allo stesso tempo di ritagliarsi spazi di dialogo condizionanti con la Russia e soprattutto ambiti di manovra assertivi con la Cina basati su trasparenza, diritti e condizioni di reciprocità. Anzi la persistente assenza di reciprocità nei rapporti economici bilaterali UE-Cina è un punto foriero di un possibile atteggiamento di minore apertura da parte dell’EU in futuro, poiché gli investimenti cinesi in Europa hanno continuato a crescere a ritmi sostenuti mentre le imprese europee trovano enormi difficoltà e restrizioni alla partecipazione attiva al mercato e allo sviluppo economico interno della Cina.

La globalizzazione che attraverso l’integrazione degli scambi, delle catene del valore, la logistica avanzata e la finanza transnazionale aveva stimolato i flussi di produzione e specializzazione, in questi anni ha garantito stabilità dei prezzi e un ciclo di crescita economica internazionale, intessendo elevati gradi di interdipendenza sistemica delle economie mondiali. Oggi questa stessa globalizzazione sistemica sembra affossare la crescita economica messa sotto pressione dalle sanzioni che hanno disarticolato i flussi commerciali, finanziari ed energetici, generando una spinta inflazionistica e una psicosi dei mercati sempre più preoccupati da un allargamento del conflitto o dalle previsioni di una strozzatura ulteriore degli scambi internazionali.

L’integrazione dei mercati commerciali e finanziari che ha caratterizzato quest’epoca di inter-sistematicità organica della produzione e delle transazioni sembra ora collassare, esacerbando gli effetti bidirezionali tra paese sanzionato e paesi sanzionatori con effetti di ritorno non sempre calcolabili nel breve periodo. In attesa di un riposizionamento dei rapporti di forza tra superpotenze e paesi satellite, non solo in campo geopolitico e geostategico ma soprattutto, in futuro, nel quadro geoconomico e geoenergetico, gli effetti delle ritorsioni economiche contra Russia si stanno sostanziando in maggiori costi energetici, soprattutto per l’EU che spende il 10% del suo PIL per fonti di fossili, circa il doppio degli USA.

Questa debolezza strutturale non può che aggravarsi per ogni peggioramento della crisi Ucraina, generando un aggravio della competitività europea nei confronti di Cina e Usa. La prima che può acquistare energia a prezzi di realizzo e con la moneta che preferisce, trattando con un’ambiguità a volte mascherata a volte eloquente. La seconda, essendo indipendente dal gas russo, sta avvantaggiando la sua economia attraverso un dumping indiretto sui mercati energetici, espandendo contemporaneamente l’offerta di GNL verso l’UE per attenuare la domanda di gas russo, non assorbendo i costi delle sanzioni e dei rincari dei prezzi delle materie prime a iniziare da gas, petrolio, metalli e prodotti chimici di base.  Questi gli scenari potenziali che la crisi sta generando, squilibri economici, finanziari, sociali, ambientali e geopolitici che arrivano però da lontano.

Dott. Roberto Bevacqua

   Direttore Krysopea Institute



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